35 ANNI DI OCCUPAZIONE SENZA COMPORTARSI “UTI DOMINUS”, CIOÈ DA PROPRIETARI
Con passi lunghi e lesti l’italica giustizia prosegue il suo corso. Prima ancora di aver digerito il primo, con tempi svizzeri, eccoci servito, su un piatto d’argento, il secondo.
Il 31 gennaio 2013, a 90 giorni dall’ultima udienza, la Corte d’Appello del Tribunale civile di Milano emette amara sentenza rigettando le richieste del CSOA Cox18, Libreria Calusca e Archivio Primo Moroni in merito all’uso degli spazi situati in via Conchetta 18 a Milano.
In soldoni abbiamo perso.
La motivazione del tribunale è sintetica e chiara: non abbiamo diritto al luogo (di cui rivendicavamo l’uso capione). Non perché non siano passati più di 20 anni, non perché non esista continuità storica dei soggetti occupanti ma perché, durante tutto questo tempo, non ci siamo comportati “uti dominus” cioè come proprietari.
Cosa significhi comportarsi da proprietari la sentenza non lo dice, e restare nel dubbio quasi quasi non ci dispiace. Il giudice, però, fa tre esempi, per spiegare le ragioni che l’hanno indotto a decidere in tal senso, esempi che riteniamo offensivi per la storia di Cox18 e per il buonsenso di tutti.
La prima è una ragione d’uso: non avremmo infatti goduto “in modo conforme alle qualità e alla destinazione di esso [lo spazio in questione] (finalità eminentemente abitativa)”. Ossia non ci abbiamo abitato. Con questo il giudice pare ignorare il fatto che i locali occupati dal centro, un tempo, ospitavano un ristorante, spazio dove notoriamente ci si ciba ma non si abita, e che la parte abitativa (i tre piani superiori) furono abbattuti nel 1989 dal Comune di Milano, che provvide anche a trovare altra sistemazione agli abitanti.
La seconda è una ragione di inadeguatezza: non avremmo percepito “eventuali guadagni da esso derivanti”. Si parla di denaro, ovviamente, perché altrimenti di guadagni se ne potrebbero elencare tanti. In effetti è vero, denaro non ne abbiamo mai guadagnato; dobbiamo anche averlo scritto da qualche parte.
La terza è una ragione di trascuratezza: non avremmo curato la manutenzione ordinaria e straordinaria. Chi conosce come Cox18 era prima e come è oggi sa benissimo quanto tempo ed energie abbiamo messo nella manutenzione degli spazi, del centro e dell’area circostante, da ultimo il “Giardino Primo Moroni”. Chi non lo sa è perché non c’era o non si è voluto informare.
Eppure tutto questo era ampiamente documentato, ma nessuno si è preoccupato di leggere le carte che abbiamo fornito, di ascoltare i testimoni che abbiamo citato, lasciando così che la verità storica venisse appannata da un pre-giudizio giuridico.
Forse il vero proprietario di un giardino ci dorme dentro? O impone una tassa sui profumi che emana? E quello di un archivio mette forse a profitto commerciale la lettura di libri e riviste? O straordinariamente manutiene i locali? Proprio come avviene al parco Sempione o in Sormani…
Questo processo è stato intentato da una giunta comunale, quella presieduta da Letizia Moratti, e proseguita dalla giunta Pisapia, che si fa vanto di una politica sugli spazi di segno opposto, almeno a suo dire.
La sentenza, redatta ricorrendo ampiamente al “copia e incolla”, cita le motivazioni presentate dall’avvocatura del Comune: ebbene non emerge alcuna discontinuità, né di forma né di sostanza, tra le motivazioni della giunta di centrodestra e quelle della giunta di centrosinistra.
Oltre al danno la beffa. Il Comune, nella persona di Paolo Limonta, “delegato dal Sindaco alle relazioni con la città”, ha dichiarato: “Per quanto riguarda gli spazi vuoti, noi proponiamo di partecipare ai bandi di assegnazione. […] Ma i collettivi ci hanno risposto che non vogliono neanche discutere i bandi e il dialogo si ferma qua”. Ciò suona abbastanza ridicolo, in quanto noi ci siamo limitati en passant a richiamare il dato di fatto, evidente a tutti, che il nostro spazio non è vuoto, dal che consegue che quella delibera e quei bandi non ci riguardano. In quanto al dialogo, il Comune nel corso del procedimento ha chiesto una proroga al giudice per una trattativa da mettere in atto. è un anno che ci chiediamo cosa mai avesse in mente, avendo esso sempre mancato di informarcene.
Questa sentenza è intollerabile per chi come noi è abituato a ragionare sui fatti, e a combattere i privilegi. è intollerabile giuridicamente ma soprattutto politicamente, poiché si basa su giudizi relativi a supposti comportamenti o peggio ancora ad atteggiamenti e intenzioni, invece che sulla sostanza di quanto avviene nella realtà.
Ma non è finita qui. Digerito il secondo, impugneremo saldamente la forchettina in attesa del dolce.
Ricorreremo in Cassazione e, soprattutto, non smetteremo di essere noi stessi e di farlo in via Conchetta 18.
QUI SIAMO E QUI RESTEREMO!
CSOA Cox18, Libreria Calusca, Archivio Primo Moroni – 2 marzo 2013