SARANNO BOCCONI AMARI
Lunedì 9 novembre presso il Giudice di Pace di via F.sco Sforza (giardini della Guastalla) si è concluso il processo per l’occupazione dello stabile di via Bligny, 22 che vede l’Università Bocconi ed il Comune di Milano schierati contro l’Unione Sindacale Italiana (USI). Le motivazioni della sentenza verranno depositate nel periodo natalizio.
Più di 80 anni prima, fu il fascismo (tramite decreto Prefettizio del 7/1/25) a sciogliere l’USI devastando e confiscando le sue sedi e Camere del Lavoro (per prima quella di Milano), arrestando e mandando al confino i suoi militanti.
All’indomani della Liberazione dal nazifascismo, l’U.S.I. si è ricostituita e, dopo avere avuto sede a Milano presso il leggendario Ponte della Ghisolfa, poi nel centro sociale di Via Conchetta e dopo in quello di via Torricelli, dal 1989 è da quasi venti anni in Viale Bligny n. 22, che è diventato oggi uno storico punto di riferimento organizzativo per tutto il sindacalismo di base e la cultura libertaria e autogestionaria.
In questi anni l’U.S.I. ha sempre rivendicato la restituzione del patrimonio immobiliare devastato dal fascismo e ha chiesto al Comune di Milano l’assegnazione di una sede. Per tutta risposta il Comune ha svenduto a poco più di 4 milioni di euro l’intero stabile di Viale Bligny n. 22 all’Università Bocconi e l’ha agevolata a tal punto sulle concessioni edilizie, da equipararla a scuola pubblica.
Nella sede di viale Bligny, hanno spazio i diversi sindacati di settore (sanità, poste, commercio, imprese di pulizie, precari), progetti di solidarietà internazionali (Progetto Libertario Flores Magon, che si occupa di assistenza sanitaria alle comunità indigene in Chiapas), un laboratorio teatrale, attivo tutti i giorni, che ha permesso la realizzazione di numerosi e diversi spettacoli in teatri nazionali ed internazionali.
L’Unione Sindacale Italiana, nello spazio di viale Bligny ha dato vita a numerose attività di interesse per la cittadinanza ed ha organizzato, tra le altre, iniziative di solidarietà nazionale ed internazionale, culturali, ricreative e teatrali il tutto senza fine di lucro, oltre alla normale attività di consulenza sindacale gratuita ed assemblee pubbliche su tematiche sociali quali salute, sicurezza sul lavoro, diritti civili, immigrazione ed integrazione, precariato, diritti delle donne.
Il comune di Milano, dopo una iniziale disponibilità ad assegnare una sede ad U.S.I. e a seguito di numerosi incontri, ormai propone delle soluzioni in immobili fatiscenti e situati in estrema periferia e, addirittura, si nega ai contatti telefonici.
A fronte di tutto ciò un sindacalista di U.S.I. dell’Ospedale San Paolo e persona conosciuta nell’ambito dei Centri Sociali, lunedì 9 novembre è stato condannato penalmente e civilmente ad un risarcimento stratosferico per occupazione abusiva ed un altro avviso di garanzia è stato notificato ad un altro compagno, e al segretario nazionale dell’USI in quanto rappresentante legale dell’associazione sindacale.
Non vorremmo che la sindaca Moratti, dopo aver sfilato in corteo il 25 aprile di alcuni anni fa mostrando tutto il suo essere antifascista, adesso si comportasse esattamente come il prefetto fascista che ha decretato di sciogliere USI e appropriarsi di tutti i suoi beni, che sono beni dei lavoratori.
Oggi continuare a negare la restituzione di una sede, espropriata dal regime fascista e chiedere che i suoi militanti vengano processati per aver rivendicato la dovuta restituzione è continuare ad attuare una politica “fascista” in linea con il revisionismo storico ed il revanchismo del ventennio.
Ieri come oggi, non faranno di noi un sol “bocconi”!
segreteria USI Milano
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Articolo di Marco Philopat pubblicato sul Manifesto il 17/02/2009
Ciò che succede oggi in Italia e in particolare a Milano ci pone di fronte a difficili scelte, ma non solo, ci sbatte letteralmente al di fuori dei binari su cui precedentemente correva la nostra vita. Sono nella sede dell’Unione Sindacale Italiana, un grande salone con ampie vetrate, pavimento in legno, due stufe a gas accese, belle sedie accatastate. Danio Manfredini, il noto attore e drammaturgo teatrale, sta provando il suo nuovo spettacolo. Ci abbracciamo e mi dice. “Che città di merda… Ma come fanno a non capire che questi posti sono dei doni preziosi? Ogni mio lavoro è stato concepito in questo salone, dove avrei potuto farlo? Solo qui c’è tempo illimitato e il clima giusto. Non sanno nemmeno quanti artisti sono cresciuti qui.” “Programmatori, grafici, elettricisti, infermieri…” gli rispondo io. Ci stiamo riferendo agli sgomberi o le minacce contro i centri sociali, lo stesso imminente pericolo che incombe su questo luogo. Sono giorni cruciali per la difesa della sede dell’USI, che dista meno di un chilometro da Conchetta, in viale Bligny 22, sempre nel quartiere Ticinese. La vicenda di questo stabile è il simbolo della brutale accelerazione dei progetti speculativi che coinvolgono l’intera città in vista dell’Expo 2015.
(scarica tutto)
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FIRMA L’APPELLO DA INVIARE AI VERTICI DELLA BOCCONI
A: mario.monti@unibocconi.it (presidente Bocconi)
A: guido.tabellini@unibocconi.it (rettore Bocconi)
CC: usis@libero.it (USI viale Bligny 22)
Il decreto Prefettizio del 7/1/’25 sciolse l’ Unione Sindacale Italiana (USI) confiscando e devastando le sue sedi, arrestando e mandando al confino i suoi militanti.
Ricostituitasi, l’ USI dalla Liberazione in poi, ha sempre rivendicato la restituzione del patrimonio immobiliare e dal 1989 occupa la sede di v. le Bligny 22 di proprietà del Comune di Milano.
Oggi nel 2009 il sindaco, Letizia Moratti e il presidente dell’Università Bocconi, Mario Monti si comportano allo stesso modo del Prefetto fascista.
Dapprima il Comune ha ceduto l’intero stabile di v. le Bligny 22 all’Università Bocconi, a prezzi molto inferiori di mercato (in linea col disegno di svendita del patrimonio pubblico), ha poi finanziato indirettamente questa scuola privata agevolandola nelle concessioni edilizie.
Per tutta risposta la Bocconi denuncia i responsabili dell’ USI e vuole abbattere l’intero stabile per continuare le sue speculazioni.
NON PERMETTIAMOLO
Negare la restituzione di una sede espropriata dal regime fascista e processare oggi i suoi militanti che ne rivendicano la restituzione, è di fatto la continuazione di una politica repressiva e antidemocratica.
V. le BLIGNY 22 NON SI TOCCA
Firma………………………………………………
SE TI PIACE, SCARICA LA CARTOLINA CHE RIPRENDE LA SEDE DELL’USI DURANTE LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A MILANO DEL 28 FEBBRAIO 2009 PER L’AUTOGESTIONE E GLI SPAZI SOCIALI
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NASCITA DELL’UNIVERSITA COMMERCIALE BOCCONI
L’università privata Bocconi viene inaugurata nel 1902 per volontà di Ferdinando Bocconi e dedicata alla memoria del figlio Luigi, disperso durante la guerra coloniale nella battaglia di Abba Garima nel 1896.
La famiglia Bocconi, dopo l’unità d’Italia entra a far parte dell’aristocrazia mercantile milanese con l’apertura del grande Magazzino “Aux Villes d’Italie”, realizzato all’interno dell’ex albergo Confortable , e successivamente trasformato nella sede del magazzino “Rinascente”.
L’università Luigi Bocconi, concepita inizialmente come facoltà aggregata al Politecnico da denominarsi con il termine di Scuola superiore del Commercio, e destinata alla formazione di quadri per la dirigenza economica delle aziende, successivamente alle stragi del maggio 1989 ad opera di Bava Peccaris, e la presa di distanza di Ferdinando Bocconi dagli ambienti reazionari, essa nasce come Università commerciale ispirata ai principi di libertà. Laicità e pluralismo con l’appoggio della Milano democratica e socialista.
La prima sede della Bocconi sorge su di un’area dell’ex Panificio Militare di 1.000 ceduta dal comune al prezzo di 100al mq. e situata tra le vie Statuto e Palermo. (scarica tutto)
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Due perle del giornalismo italiano – del quotidiano "La Repubblica" – sulla vicenda dell’attentato dinamitardo alla Bocconi, e successiva diffida dell’USI:
UNIONE SINDACALE ITALIANA
(sezione aderente all’ AIT)
Viale Bligny 22
20136 Milano
usis@libero.it
Al DIRETTORE Responsabile de “La REPUBBLICA”
Dott. Ezio Mauro
Alla REDAZIONE Centrale
“La REPUBBLICA” – ROMA
Via Cristoforo Colombo 90
Alla SEGRETERIA di Redazione
“La REPUBBLICA” – MILANO
Via G. D’Alessandri 11
Oggetto: rettifica a mezzo stampa degli articoli del 18/12/09 a firma Sandro De Riccardis e Massimo Pisa
Prendiamo atto, a proposito dell’attentato dinamitardo recentemente ordito ai danni dell’Università Bocconi di Milano, delle stupefacenti affermazioni del 18 dicembre 2009 contenute nelle cronache del giornale, nazionali e locali, da Lei diretto. Si tratta di asserzioni volte a ledere e oscurare la fama e la trasparenza della scrivente Organizzazione Sindacale, nonché dei suoi numerosi lavoratori iscritti nei diversi Comparti e Settori.
Le interpretazioni e i toni utilizzati nei due articoli in parola contengono inoltre evidenti inesattezze e forzature da parte di un giornalismo che senza nemmeno curarsi minimamente di interpellare gli organi dirigenti della scrivente organizzazione, ha invece raccolto e prese per buone elucubrazioni a senso unico attinte a chissà quali fonti.
Ci addolora e ci preoccupa alquanto che una testata nazionale come la Sua, fondata da Eugenio Scalfari e un tempo nota per le sue inclinazioni democratiche, abbia con tanta leggerezza trattato il “classico” tema di una puntuale “bomba milanese” – caduta guarda caso a metà dicembre di quest’anno – con il disinvolto ed irresponsabile collegamento tra il contenzioso sorto tra l’Università Bocconi e la scrivente sigla sindacale. Di certo non importa nulla ai suoi pubblicisti di spiegare al pubblico dei lettori come mai sia proprio un’organizzazione di Lavoratori (chiusa con la violenza fascista delle leggi speciali) a rivendicare da anni un diritto fondamentale non tanto nei confronti dell’Università Bocconi, ma nei confronti delle istituzioni comunali milanesi: il diritto a vedere rifusi i terribili danni procurati dalla dittatura fascista e della sua guerra! Un diritto, come ben si sa’, ad altri soggetti riconosciuto da tanto tempo…
Certamente caro Direttore di “Repubblica” l’Università Bocconi si è vista regalare dal
Comune di Milano il palazzo che ospita l’ U.S.I., non perché lo asseriscono, come
raccontano i suoi pubblicisti, gli articoli apparsi qua e là sui siti antagonisti, ma perché lo
dicono i fatti e i valori catastali dei fabbricati situati a due passi dal centro milanese:
circostanze queste che un giornalista potrebbe anche darsi la pena di indagare con più
accuratezza.
Ma poi, cosa dire del “trasferimento” che per “Repubblica” è già avvenuto della nostra Organizzazione Sindacale presso “un altro centro sociale milanese dove già ci sono le realtà più radicali del movimento anarchico milanese”? Chi ha inventato una simile fandonia e perché mai dovremmo essere trasferiti d’ufficio da “Repubblica” proprio in mezzo a quel marasma estremistico artatamente dipinto a tinte fosche dai suoi pubblicisti in articoli degni di apparire in ben altre circostanze e in ben altri giornali, magari proprio nel dicembre del 1969, a Milano. E poi ancora che cosa ci fanno sul suo giornale, a corredo di tutto quanto viene così illustrato, le fotografie della sede della scrivente Organizzazione, del Circolo Ponte della Ghisolfa e del C.S.O.A. COX18 sotto la obliqua inquietante didascalia “i luoghi”? I luoghi di che cosa e per fare che cosa? Certamente non i luoghi di una storica cultura antagonista assediata dalle speculazioni edilizie selvagge, e nemmeno i luoghi di conservazione e studio di un archivio come quello denominato “Primo Moroni” e perfino della stessa Libreria Calusca: sono ben altri i “luoghi” e gli utilizzi di questi luoghi che i suoi pubblicisti hanno suggerito ai lettori. Ebbene è proprio con queste interpretazioni che le autorità hanno tentato di sgomberare da Milano e dalla storia, come è accaduto lo scorso inverno presso il COX 18, la Memoria che ancora sopravvive: “Repubblica” vuole dare una mano accodandosi alle ricorrenti interpretazioni della destra affaristica e razzista?
È assai triste, eppure è accaduto di recente sulla stampa libera, di vedere la sua testata accomunata con quelle di un Berlusconi o di un Feltri: perché?
Nel prendere atto del discredito patito ad opera del suo giornale negli articoli sopra citati la scrivente Organizzazione Sindacale per tutelare la sua immagine, la sua onorabilità e gli interessi dei suoi Lavoratori, chiede formalmente rettifica degli articoli apparsi sul suo giornale il giorno 18/12/2009 a firma di Sandro De Riccardis e Massimo Pisa oppure, alternativamente, la pubblicazione della presente tra le sue pagine. Contrariamente la scrivente sarà costretta ad adire alle vie legali.
Cordiali saluti.
Milano, 23/12/09
Il Vice Segretario Nazionale e Coordinatore USI-Sanità
Ospedale San Paolo
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Agli articoli di Repubblica segue una risposta di Massimiliano Guareschi pubblicata sul “Il Manifesto” del 19/12/09
La sinistra milanese nel mirino del quotidiano di Mauro
«Come mai Repubblica somiglia a il Giornale?»
Sarà il Giornale o Libero ! No invece è la Repubblica . O meglio, la pagina milanese del giornale fondato da Eugenio Scalfari. Non si può che restare sbigottiti e indignati leggendo l’articolo Bombe, dediche in versi e smile di Sandro De Riccardis e Massimo Pisa: Così colpiscono i nuovi anarchici . Commentando l’attentato all’università Bocconi, i due giornalisti prima descrivono il modus operandi della Federazione anarchica informale, sigla che ha rivendicato l’azione, poi si impegnano per identificare chi ci stia dietro. E allora si imbocca la pista del sindacato libertario Usi, dal momento che tale organizzazione ha un contenzioso con la Bocconi che ne ha acquistato la storica sede, con conseguente «sfratto». Ciò è sufficiente per suggerire che i mandanti, o addirittura gli esecutori, siano da identificare proprio nell’Unione sindacale italiana. E per fornire la prova definitiva si cita un passaggio di un volantino dell’Usi, rintracciabile sul sito di Cox 18, che recita «saranno bocconi amari». Come se non bastasse corredano l’articolo tre foto, sotto la didascalia «i luoghi», che identificano, appunto, i luoghi in cui l’attentato sarebbe maturato: Il circolo Ponte della Ghisolfa, il centro sociale Cox 18, la sede dell’Usi di viale Bligny 42. No non è il Giornale o Libero . A suggerire simili ipotesi non sono De Corato o Prosperini ma due giornalisti de la Repubblica , Sandro De Riccardis e Massimo Pisa. Così, a cuor leggero, senza alcuna preoccupazione circa le ricadute sulle vite delle persone di queste pesanti quanto generiche e infondate accuse lanciate a mezzo stampa. Senza alcun rispetto per le esperienze di coloro che in questi anni foschi cercano di contrastare la desertificazione culturale e sociale di Milano, ormai ridotta a terreno di caccia per speculazioni di ogni tipo. Come l’esperienza di Cox 18, che sta lottando per sopravvivere, e non ha certo bisogno di vedere il suo nome associato ad attentati et similia. Si potrebbe aggiungere che non è certo la prima volta. Un paio di mesi fa, in occasione di una manifestazione contro il razzismo, l’unica cosa che i solerti cronisti de la Repubblica avevano notato, ed evidenziato, era una scritta su una cabina telefonica. Il fatto che a scendere in piazza fossero molti figli di migranti non appariva degno di attenzione. Vecchia sociologia. Molto meglio un bel titolo sensazionalistico su Nassirya, che avrebbe fatto la gioia dei vari la Russa. Anche in quel caso era la Repubblica e non il Giornale . Che pensare? Forse è solo una questione di sciatteria: il richiamo dello scoop o la pigrizia di chi cede alla tentazione della scorciatoia per staccare prima con il lavoro e farsi una birra. O forse c’è qualcosa di più serio, su cui vale la pena riflettere. In fondo, perché non ipotizzare che forse la Milano di De Corato e Prosperini, della Compagnia delle opere e di Ligresti in sé non dispiaccia affatto, in termini di modello sociale e culturale, all’area di riferimento de la Repubblica ? E che in fondo il problema sia solo Berlusconi, la cui presenza, per motivazioni a questo punto più estetiche che politiche, impedirebbe al quotidiano di Ezio Mauro di adeguarsi a un consenso bipartisan «sui contenuti», sulle cose da fare, a cui non si può guardare che con inquietudine.