GIOVEDÌ 29 NOVEMBRE 2012
ore 21.03
Calusca City Lights (via Conchetta 18)
presenta la (nuova) rivista
“Connessioni”, Per la lotta di classe, n. 2, 2012
Per l’occasione, la redazione di “Connessioni” così riassume le problematiche intorno alle quali sta riflettendo:
Nessuno può dire che cosa succederà.
Questo meccanismo di accumulazione sembra non funzionare più, ma ciò non produce un crollo, bensì l’avvio di una fase di declino più o meno lenta. Abbiamo a che fare di fatto con la decadenza storica di un modo di produzione e quindi con processi di involuzione di lungo periodo.
L’indefinito periodo di stagnazione, in cui ci troviamo ormai da quarant’anni, può subire inaspettate e improvvise accelerazioni. La rivolta di per sé non è sufficiente per opporsi, deve coinvolgere i settori produttivi della società. Il modello di disgregazione, in fondo, è quello già visto all’opera durante la crisi sovietica: disfunzionalità totale del sistema, usura della struttura materiale della produzione e logoramento delle risorse produttive della società, che del resto già si manifestano nelle forme più svariate (black-out energetici, disastri ferroviari, incapacità di risposta a catastrofi naturali ecc.), fino ad arrivare a un punto in cui lo stesso valore d’uso delle merci viene posto in discussione.
Se questo è lo scenario complessivo, possiamo tentare di individuarne le cause o le manifestazioni senza, per il momento, distinguere fra le une e le altre. Accenniamo soltanto alle principali :
1) I limiti che il rapporto capitalistico pone all’introduzione di nuove tecnologie nei settori portanti della produzione fino a configurare un vero e proprio limite allo sviluppo. Vi è una tendenza al blocco degli investimenti, mentre ricerche empiriche dimostrano che l’introduzione della microelettronica nei settori produttivi segna il passo, determinando un ristagno nella produttività. Come conseguenza di tutto ciò abbiamo un aumento dell’orario di lavoro.
2) La crescita incontrollata del capitale finanziario speculativo richiede un flusso netto positivo di denaro che viene sottratto all’accumulazione, determinando, di conseguenza, la riduzione forzata dei costi di produzione attraverso l’uso intensivo di capitale fisso e forza-lavoro. La tendenza è verso un sistema a riproduzione semplice in cui i profitti non vengono accumulati ma escono dalla circolazione del capitale produttivo.
3) La spettacolarizzazione della politica cresce continuamente in maniera direttamente proporzionale alla sua impotenza. Nessuno sa esattamente cosa fare per favorire una improbabile “ripresa”, mentre i politici perseguono il loro arricchimento personale. La sensazione di impotenza coinvolge di fatto anche la politica “rivoluzionaria” o “antagonista”.
4) Effetti sociali della decadenza sono la disgregazione sociale, la scomparsa della società civile e delle classi agenti. Sorge un nuovo comunitarismo; al posto della vecchia comunità operaia si formano comunità etniche, comunità di interesse legate allo scambio, comunità residenziali che danno accesso a uno stile di vita, comunità virtuali nelle reti informatiche.
5) Cresce l’importanza del controllo del sapere e della scienza. Senza la rottura di questo controllo un cambiamento radicale non sembra possibile. Cresce parallelamente la necessità, in situazioni di crisi estrema, di un’alleanza fra classi subalterne e strati di lavoratori tecnico-scientifici interni alla produzione.