GIOVEDI’ 17 MAGGIO 2018
ORE 20,30
Negli anni immediatamente successivi alla conclusione della Prima guerra mondiale, la questione del “come” ricordare quel trauma collettivo di inedita portata non poteva essere confinata nelle modalità del dibattito storiografico, nella sfera di un confronto meramente culturale o nelle raccolte dinamiche dell’elaborazione di un lutto esclusivamente privato. Le letture, le interpretazioni che si contrapponevano erano parte integrante di un momento di violento scontro politico, di una fase di intensa lotta di classe.
Una sciagura causata dalla malvagità umana e da scongiurare in futuro con l’avvento di uno spirito di fratellanza dalla rinnovata matrice religiosa? Un eroico sacrificio con cui è stata forgiata la nazione? O una micidiale dimostrazione delle potenzialità distruttive del capitalismo e delle classi dominanti, una terribile riprova della necessità della rivoluzione proletaria? Sappiamo quale di queste interpretazioni alla fine si impose. Lo sappiamo anche dalla presenza capillare di monumenti, cippi e lapidi che, realizzati tra le due guerre mondiali, attestano il prevalere della versione nazionalista, patriottica, poi recepita e ulteriormente plasmata ed elaborata dal regime fascista. Ma quella vittoria nella lotta per la memoria fu possibile solo rimuovendo, distruggendo, cancellando dallo spazio pubblico tutti i monumenti, le epigrafi con cui il movimento operaio aveva affermato il proprio rifiuto della guerra voluta dalle classi dominanti.
Questa guerra dei monumenti e delle lapidi può fornire un angolo di visuale particolarmente utile per una riflessione su come è stata costruita e imposta la memoria “ufficiale” della Grande Guerra e su come questo passaggio storico abbia costituito uno sviluppo fondamentale nella storia della lotta di classe nella società capitalistica.