GIOVEDI 24 NOVEMBRE 2016
ORE 21,00
Dalla crisi del 2008 a oggi, il corso del capitalismo mondiale si è contraddistinto per il suo carattere caotico e apparentemente indecifrabile. Ma questo caos è retto da una logica, che bisogna sforzarsi di cogliere se si vogliono delineare prospettive e sbocchi possibili. Dagli Stati Uniti al Venezuela, dal Mediterraneo al Mar Giallo, la crisi ha mandato gambe all’aria la stabilità delle combinazioni sociali, produttive, economiche e (geo-)politiche, emerse dalla riconfigurazione conclusasi idealmente con la fine del duopolio USA-URSS. Tanto le peculiarità dei sommovimenti che – in Grecia, in Egitto, in Tunisia, in Turchia, in Brasile ecc. – hanno punteggiato gli esordi della nuova Grande Depressione in cui tuttora ci troviamo immersi, quanto i riassestamenti più attuali e più diversi (dalla guerra in Medio Oriente al voto sulla «Brexit», attraverso la «crisi dei migranti» e l’ascesa dei movimenti «populisti») indicano che un immenso work in progress è in atto, ma anche che nessun nodo è stato sciolto e che le battaglie decisive sono ancora di là da venire. Collisioni epocali di classi e di Stati si affacciano all’orizzonte. Per entrambe le due classi fondamentali che strutturano la società – classe capitalista e proletariato – la posta in gioco a medio termine è il dischiudersi di un mondo nuovo: superamento o rigenerazione – radicale l’uno e l’altra – del modo di produzione capitalistico? Per il momento, entrambe, nella planetaria eterogeneità delle loro incarnazioni e segmentazioni, stanno sul chi vive, limitandosi a scontri episodici. Le convulsioni della classe media dominano la scena. Fino a quando? E con quali fattezze le classi fondamentali si manifesteranno al momento decisivo? Ne parliamo con i redattori della rivista «Il Lato Cattivo. Elementi di teoria del comunismo», che presenteranno il contenuto del suo secondo numero (giugno 2016).