Rubella Ballet

Venerdì 11 settembre, dalle 23.00


Live Show con:


RUBELLA BALLET

STEVE LAKE (Zounds)

Special guest: Vomit Tongues

Dj set Bats over Milan: Lady Stalker & Redstripe

 

 

I Rubella Ballet al Virus:

Era una delle prime volta che organizzavamo un concerto di un gruppo straniero nel nostro covo punk a Milano che si chiamava “Virus”. Sarà stato il 1983, nessuno di noi era un musicista, alcuni consideravano il salire su un palco con gli strumenti una sorta di sfogo all’angoscia dilagante di quel periodo, pochi altri una sottospecie di comizio anarcodelirante. Nessuno voleva diventare “artista”. Il movimento punk era internazionale, avevamo quindi contatti con tutto il mondo e ci si scambiava i dischi e le “punkzine” autoprodotte e autofotocopiate, ma ancora non avevamo invitato a suonare gruppi stranieri. Da Londra, dove c’era una folgorante scena arrivarono probabilmente in vacanza i “Rubella Ballet”, una band che faceva la musica dei Chumbawamba 15/20 anni prima.Arrivarono con il treno dopo un giro primaverile in Sicilia. Sbarcarono al Virus con la chitarra e il basso. Fu un flash, le due donne, la cantante e la bassista erano vestite tutte yèye, a pois rossi su sfondo bianco, una con i capelli cotonati viola, l’altra corti gialli e sparati in aria. I due uomini, il chitarrista e il batterista erano i tipici inglesoni, un po’ ciula sempre ubriachi, stracciati ma con stile, moicano verde uno, e dreadlock rasta fluopink l’altro, vestiti come pappagalli brasiliani. A parte i capelli colorati, i nostri vestiti erano rigorosamente bloccati sul nero, ma non solo per questo fu un flash. Anche la musica così allegra e spensierata fu una sorpresa per le nostre orecchie abituate a ben altri ritmi hardcore. Non ci lanciammo come al solito sotto il palco nel pogokiller, il ballo scatenato e contusivo di gran moda all’epoca, le donne punk finalmente ballarono come delle gaudenti hippie sfottendo noi maschietti allibiti. La notte, nelle nostre camere della casa occupata adiacente al Virus ci furono interminabili discussioni sul senso della vita. I Rubella Ballet avevano “spaccato” e continuarono a farlo parlando di valori legati alla musica ma che in realtà non c’entravano nulla con la musica. Nel nostro profondo provincialismo capimmo che la nostra strada non era mica sbagliata, “chissenefrega delle magiche formulette degli accordi, delle stratocaster, e di tutto il resto quando l’importante è il complesso, il progetto, la consapevole pazzia nell’esporlo”. Ma la conferma arrivò il giorno dopo quando li accompagnammo all’aeroporto di Malpensa. Chiaramente la nottata si era protratta a furia di canne e alcool, eravamo sfatti ma volevamo andare in massa a salutare i nostri oracoli. L’unico mezzo a disposizione era il furgone 850 Fiat senza finestrini, quindi omologato per tre. Lo sgangherato mezzo del teatro del cortile, un gruppo che aveva la sala prove sotto il Virus. Ci spingemmo in diecidodici dentro al cassone del furgone azzurro con tanto di nuvolette e fiorellini in freakettone style, incuranti delle probabili conseguenze sbirresche che facilmente avremmo incontrato davanti al terminal dell’aeroporto. Infatti i militi arrivarono ancor prima del nostro stop. Ringhianti e tronfi già pregustavano folli ammende. Ma quando, tra tanfi d’alcool e nuvole di ganja, videro uscire i marziani inglesi ci chiesero stupiti, “ma chi sono?”, noi gli rispondemmo quasi impauriti, “Sono dei musicisti, sono i Ru-be-lla Ba-llet”. Non l’avessimo mai detto! Chiamarono a gran voce i colleghi armati di penna e taccuini per gli autografi. Ci scortarono fino al checkin come delle star. Pensare che qualche settimana prima manco noi avevamo mai sentito parlare dei Rubella Ballet.
“Ecco cosa serve essere artista” lo avevamo finalmente capito. Il giorno stesso si andò in processione agli uffici dell’anagrafe per farci cambiare la professione sulla carta d’identità. Chi musicista, chi poeta, chi pittore, chi regista.

[Marco Philopat – giugno 2003]


RUBELLA BALLET

Tra i gruppi più colorati e irriverenti della scena anarco punk inglese dei primi anni ’80, i Rubella Ballet incarnano ancora oggi una rottura degli stereotipi e in modo scanzonato la logica ‘do it yourself’ che aveva infiammato i primi punks.
“Ringraziamo Dio per i Rubella Ballet” aveva esclamato una volta Steve Ignorant dei Crass sottolineando che tra tutti “quei gruppi vestiti di nero [anarco punk, n.d.r.], erano una vera e propria boccata d’aria”, più interessati a liberare i vari sensi repressi che a proclamare slogan politici.
La storia di questa band si lega strettamente a quella dei Crass e dei Poison Girls, imprescindibili esponenti della scena anarco punk inglese. Gem (la bassista) e Pete (il chitarrista) sono infatti i figli di Vi Subversa (cantante dei Poison Girls), mentre coi Crass hanno spesso condiviso il palco e l’abitazione.
Tornano oggi a Milano per la prima volta dopo la loro storica esibizione al Virus nei primi anni ’80.

STEVE LAKE (Zounds)

Steve Lake è noto come autore e cantante dei Zounds, storico gruppo post-punk inglese. Con il singolo di debutto, pubblicato nel 1980 dalla “Crass Records”, ben presto i Zoundz sono considerati tra gli iniziatori della scena anarcho punk d.i.y. inglese. Incidono il memorabile ‘The Curse Of Zounds’ e un buon numero di singoli per la Rough Trade Label prima di sciogliersi nel 1982. Il gruppo si è riunito occasionalmente per beneficenza a sostegno di vari amici e cause perse.
 
Dopo svariate esibizioni live e dopo aver attraversato tutti i generi tradizionali e sperimentali, Steve da qualche tempo di dedica all’esperienza solista ripercorrendo il repertorio dei Zoundz.
Per la prima volta a Milano, l’11 Settembre.