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INIZIATIVE DELLA SETTIMANA

GIOVEDI’ 11 DICEMBRE ORE 20.30

Fondazione Amadeo Bordiga
Giovedì 11 dicembre 2025
ore 20.30
Alessandro Mantovani presenta l’ultimo lavoro di Luigi Gerosa

Bordiga legge Marx

VENERDI’ 12 – SABATO 13  DICEMBRE

Slam X – Premio Dubito
Cara rivoluzione,
ti invito a resistere

corri Mille miglia/ tra stazioni e viscere,
fino al boom dei polmoni/ per conoscere il tuo limite,
MON FRÈRE [CARA RIVOLUZIONE]/ TI INVITO A RESISTERE

Alberto Dubito

Bordiga legge Marx / 11-12-2025

Fondazione Amadeo Bordiga

Giovedì 11 dicembre 2025
ore 20.30

Alessandro Mantovani presenta l’ultimo lavoro di Luigi Gerosa

Bordiga legge Marx

a Luigi

«Il motto di un’arte seria è
questo: poco parlare noi, e
far molto parlare le cose»
(Francesco De Sanctis)
Conferenza al Circolo
Filologico di Napoli,
15 giugno 1879.

«l’amare il proprio lavoro
(che purtroppo è privilegio di pochi)
costituisce la migliore approssimazione
concreta alla felicità sulla terra»
(Primo Levi)
La chiave a stella. Einaudi 1978.

All’inizio dell’anno purtroppo ci ha lasciati improvvisamente Luigi Gerosa tenace e inesausto studioso del pensiero di Amadeo Bordiga. A fine novembre 2024 aveva consegnato al Comitato Scientifico l’ultimo suo lavoro: Bordiga legge Marx – I manoscritti economico – filosofici del 1844. Dopo aver descritto e riassunto i manoscritti parigini di Marx secondo le recenti acquisizioni della MEGA2, Gerosa dà pieno risalto alla potente interpretazione che ne fa Bordiga: non vi è teoria della rivoluzione senza conoscenza dei caratteri della società comunista. Gerosa affronta il pensiero di Bordiga circa il ruolo dell’individuo nella storia e dell’arte nel processo della conoscenza, così come la radicale critica bordighiana della scienza borghese.

 

SlamX Cara rivoluzione, ti invito a resistere / 12 e 13-12-2025

Slam X – Premio Dubito

Cara rivoluzione,

ti invito

a resistere

venerdì 12 e sabato 13 dicembre 2025

ore 21.00

corri Mille miglia/ tra stazioni e viscere,

fino al boom dei polmoni/ per conoscere il tuo limite,

MON FRÈRE [CARA RIVOLUZIONE]/ TI INVITO A RESISTERE

Alberto Dubito

Cosa stiamo facendo per contrastare il cancro che si è impossessato del nostro pianeta?

Ristretti nella polarizzazione tra un vecchio piccolo mondo neoliberista che nessuno riesce più a difendere e il sovranismo imperiale che sbrana corpi, è quasi impossibile anche solo pensare a un’alternativa decente.

C’è un prima e c’è un dopo l’inferno di Gaza, il presente si è inghiottito il futuro e il passato sembra aver perso il suo ruolo, le vecchie mappe che ci hanno guidato negli ultimi decenni non raffigurano più il paesaggio in cui ci muoviamo, non sappiamo neppure dove potrebbe condurci questo rapido flusso sul quale stiamo navigando, mentre assistiamo inermi a un’aggressione tecnologica senza precedenti per dimensione, estensione e velocità di diffusione.

In ogni epoca una trasformazione così profonda ha scatenato tensioni e terremoti sociali.

Davanti alle foto dei summit con famelici maschi alfa che dominano sulla povera gente, sbeffeggiando il diritto internazionale, ci si rende conto in quale buco nero ci siamo infilati.

E quando si paga la sopravvivenza in gelida transazione wireless, con la consapevolezza del naufragio dei valori della solidarietà, ci sono solo due vie d’uscita: o si scende in piazza per trovare insieme una soluzione o ci si abitua piano piano all’inferno.

La strage di migliaia di persone, bambini e anziani in Palestina ha suscitato un moto d’indignazione che è esploso ovunque nel mondo e in tutta Italia, anche grazie alla determinazione della Global Sumud Flotilla. È lo scoglio storico su cui ci siamo aggrappati e il primo segnale della comparsa di un movimento di massa che ci auguriamo possa continuare su altre battaglie per denunciare la spaventosa voragine che si è creata tra capitale e lavoro, con la robotizzazione e l’intelligenza artificiale che spingono la crescita economica ma generano ovunque riduzioni salariali e licenziamenti selvaggi.

Chi invece non ha capito la forza e l’energia di liberazione dei cortei, sviluppa in sé una sensazione di esclusione e una rabbia incontenibile. Immersi in una folla di individui egocentrici, dove ognuno cerca la propria ombelicale gratificazione in una promessa per un like in più, l’unica possibilità che rimane consiste nell’accettare l’inferno e diventarne parte, emulando nei gesti e nelle scelte quotidiane chi impone la legge del più forte. Un vittimismo aggressivo che si scaglia contro chi sta peggio ma soprattutto contro chi tenta di ragionare sui possibili punti in comune.

È una rivoluzione sul fronte sociale, economico ed esistenziale che provoca convulsioni emotive, stati febbrili e urti spasmodici anche all’interno della nostra stessa psiche.

Ecco perché la causa palestinese è lo scoglio storico del nostro tempo, si resiste drammaticamente laggiù come si resiste con forza dentro di noi per salvaguardare il pensiero critico nella sua declinazione egualitaria.

Cara rivoluzione ti invito a resistere.

In risposta alla recrudescenza delle barbarie si può pensare a un ribaltamento della produzione e della fruizione culturale? Si può pensare a un programma di umanizzazione della società e un ritorno alla dignità del lavoro?

Innanzitutto c’è bisogno che la voce diventi collettiva, dobbiamo cercare un “noi” in ogni momento della giornata, scrivere e parlare al plurale, progettare e agire insieme. È giunto il momento di scartare l’“io”, il narciso che si aggira come un demone tra le nostre sinapsi. Trovare un noi sui posti dove lavoriamo, un noi nei più allargarti cerchi delle nostre amicizie, prenderci cura delle persone che ci sono state accanto per anni e sono ora perse in un delirio di solitudine. Un noi che troviamo oggi nei cortei, uniti dal disgusto suscitato dal genocidio, uniti nel restare umani. Un noi degli incontri inaspettati, delle nuove idee e collaborazioni, un noi che si esprime camminando fianco fianco, con il dialogo che si arricchisce passo dopo passo. Bisogna cercare un noi anche nelle circostanze più sfavorevoli, non perdere mai la calma e ascoltare attentamente prima di parlare.

Saper riconoscere cosa e chi in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio

Italo Calvino

La nuova edizione di Slam X e Premio Dubito è come al solito situata sulla frontiera tra poesia e musica, due arti che agiscono bifronte sull’interiorità e sulla convivialità, come terapie della respirazione collettiva. Co-spirare insieme è un tentativo di sintonizzarsi con la vibrazione del tempo per trovare un ritmo adatto a rivendicare il diritto alla felicità, anche quando la tendenza culturale predominante influisce sui pensieri e sui comportamenti delle persone in maniera negativa, quando le masse disperate e separate sono invase da ondate di infelicità e di violenza, e la scena sociale sembra oscurarsi declinando verso il buio della demenza.

Perché quando si legge o si ascolta una poesia, quando si ascolta o si balla una canzone, siamo sospinti in un luogo magico dove non ci sono più differenze o barriere da superare, un momento rituale di comunanza capace di emanare una realtà diversa nello spazio dell’interazione e della comunicazione.

Lassù possiamo intuire quanto sia bello e importante riconoscersi in un noi..

Siamo un noi, un noi rivoluzionato

Cara rivoluzione, ti invito a resistere.

Buon Slam X a tuttx

Il grande gioco / 17-12-2025

Mercoledì 17 Novembre alle ore 21.00
@CSOA Cox18, via Conchetta 18, Milano
Presentazione e proiezione del film: IL GRANDE GIOCO / il rovescio delle medaglie olimpiche
Film della Rete Collettiva C.I.O.

 

Mentre Milano e Cortina si preparano a ospitare i tanto celebrati Giochi Olimpici Invernali del 2026 sbandierando valori come sostenibilità e cooperazione, una rete di attivistə si batte nei territori per spiegare come in realtà in questo grande evento vinca solo il business di pochi: una città che grazie alle Olimpiadi attira enormi flussi di capitali internazionali che rendono sempre più costoso e difficile viverci; che smantella lo sport pubblico in favore di investimenti sportivi a beneficio dei privati (che in realtà sportivi non sono, ma a beneficio dei privati sicuramente sì); che esporta anche nei delicati ecosistemi montani il suo modello di sviluppo (quello dell’iper-turismo legato allo sci alpino) miope perché i cambiamenti climatici lo hanno reso senza futuro, predatorio e distruttivo di risorse ambientali.

Anche se nessuno ha mai chiesto alle comunità interessate cosa pensano di queste Olimpiadi e se sono disposte a ospitarle nei propri territori, queste comunità hanno deciso di non essere più spettatori passivi e di partecipare al grande gioco olimpico. Da questa esperienza nasce il film documentario Il grande gioco. Il rovescio delle medaglie olimpiche, che racconta la battaglia della rete C.I.O. contro la gigantesca macchina retorica di Milano-Cortina 2026. Pensato come un film diviso in tre atti (o ”round” di una partita), ciascun “round” affronta un tema specifico: nel primo il campo di gara è quello cittadino, e più precisamente lo spicchio di città che va dallo Scalo Romana, dove si trova il villaggio olimpico, fino al quartiere di Corvetto. Qui si gioca la partita sociale più importante, fra render di nuovi e lussuosi progetti abitativi e pulsioni speculative e securitarie che mirano ad allontanare i vecchi abitanti. Il secondo round si concentra sullo sport, con l’utopico-ma-non-troppo obiettivo di riprenderci la città attraverso la pratica di uno sport popolare, inclusivo e dal basso che sconfessi quel modello di privatizzazione sportiva portato avanti dalle Olimpiadi. Mentre nel terzo e ultimo round il campo di gara si sposta in montagna, uno scenario in cui gli e le attivistə dei C.I.O. sono impegnati nel tentativo di cancellare le tracce di uno sviluppo cementizio e divoratore di risorse (gli impianti abbandonati di Cesana Torinese e Pragelato per le Olimpiadi di Torino 2006 ci ricordano qualcosa?) per restituire alla montagna il suo scenario migliore, e poi provare a immaginare insieme un futuro che sia finalmente alla nostra e alla sua portata.

Il progetto di documentario Il grande gioco nasce come laboratorio collettivo all’interno della rete di C.I.O. È un progetto durato circa due anni, totalmente autofinanziato, e composto da filmmakers, lavoratorə, ricercatorə e studentə universitariə. La particolarità del progetto – che lo differenzia dagli altri approfondimenti giornalistici sul modello dei grandi eventi olimpici – è che si tratta di un racconto fatto dall’interno e in presa diretta di un percorso politico in costruzione, con tutte le difficoltà e le incertezze che questo porta con sé.È un modo di fare cinema che parte dal basso, che ci vede allo stesso tempo “partecipanti” e narratori, e che per questo necessita di una presenza costante sul territorio e di un continuo processo di riflessione e confronto con la realtà rappresentata. Il laboratorio si è occupato in modo condiviso di tutte le fasi: ricerca, scrittura, riprese e montaggio secondo principi di orizzontalità e inclusione.
Per tuttə, è un atto di fede nel potere dell’immaginazione e nell’intelligenza collettiva.