Giovedì 9 aprile
Perché il fuoco non muore. Mostra sui militanti della RAF uccisi nelle carceri tedesche
Dalle 21.30
Proiezione del film di Ulrike Meinhof, Bambule. Rieducazione, ma per chi?
1970, 90 min, sott. it.
BAMBULE significa fare casino, confusione. Tra le ragazze rinchiuse negli istituti di rieducazione tedeschi era un termine usato per indicare momenti di sfogo collettivo, che poi sfociavano in proteste spontanee.
… hai visto? Facciamo qualcosa, un’azione, e che ne viene fuori? Bambule! Si rompe tutto e poi arrivano gli sbirri e siamo fottute…
(Iv, ragazza dell’istituto di Berlino)
BAMBULE fu scritto nel 1969/70 da Ulrike Meinhof insieme ad alcune ragazze dell’istituto di rieducazione di Eichenhof, Berlino.
In questo genere di istituti venivano rinchiusi e imprigionati ragazzi e ragazze ritenuti “disadattati”, “deviati”. Si trattava per lo più di minorenni provenienti, in alcuni casi, da ambienti di grave disagio sociale, di indigenza, di abbandono.
Negli atti che dichiaravano la “devianza” si leggeva a proposito delle ragazze di Eichenhof: avida di sesso, vagabondaggio, sesso per denaro, cambio di lavoro. Oppure: frequenta stranieri, porta minigonne. Oppure: disadattata, ribelle, bugiarda. Anche l’omosessualità veniva ritenuta “devianza”.
Si trattava dunque di rinchiudere le giovani ribelli in istituto, di disciplinarle alla “buona condotta” con la coercizione, schiacciando così la loro volontà di ribellione contro le regole, contro la “norma”.
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